Il sipario ducale by Paolo Volponi

Il sipario ducale by Paolo Volponi

autore:Paolo Volponi [Volponi, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XIII.

Giocondo Giocondini, che forse era di origine nobile anche lui giacché la sua famiglia era venuta dai dintorni di Arezzo al seguito di un gabelliere incaricato di controlli presso la legazione di Urbino, non poteva, come tutti i servi e gli adulatori, sopportare che il suo signore, lo zimbello a lui affidato dal caso per la soddisfazione di tutti i suoi bisogni e anche per la prova della sua volontà e capacità di rovesciare del tutto le rispettive sorti, fosse in qualche cosa superiore a lui.

Giocondini smaniava dal terrore che Oddino fosse cosí potente e dotato da poter anche riuscire a diventare, un domani, indipendente e comunque da essere, già oggi, piú forte e piú ammirato di lui, e specie per quegli argomenti delicati che tante viaggiatrici e non, avevano sempre riconosciuto a lui come ineguagliabili. Aveva la Mercedes apposta! Mica solo per scarrozzare piú comodamente i parenti di ammalati e di defunti, i citati in tribunale, gli assistenti universitari… nonché la nobile trinità degli Oddi, cui si riferiva lo stesso marchio della grande industria tedesca, con le sue tre punte, ben luccicanti sul radiatore… bel mirino di mitraglia e di potenza!

Giocondini fece finta che non fosse successo nulla il giorno prima e si destreggiò ruotando gli occhi tra la sconsolazione da una parte, le zie, e la piú sfacciata cupidigia dall’altra, Oddino, al fine di proporre un’altra prova. Cosí gli riuscí d’imbarcare il conte e di dirigersi verso Fano.

– Occorre ripetere, – diceva già verso Fossombrone, – eh eh, troppo facile sarebbe imparare tutto in una volta! Ripetere per maturare, consolidarsi, dar prova di vere virtú… tanto piú per un nobile con una casata come la sua, che non deve estinguersi. Non basta un colpo solo… eh no! Quanti ne avranno tirati i suoi antenati per occupare tutta questa vallata? Questa è sua e lei deve esserne degno; deve coprirla tutta e allora deve fare e rifare prove, e allenamento.

Oddino andava contento della bella giornata: vedeva tanti in bicicletta, tanti col carro, tante macchine fuori moda che cosí poche volte aveva avuto da un viaggio un apporto di libertà altrettanto forte. Libertà di stare sopra il suo teatrino, sempre come l’onnipotente che tira le corde e muove ogni scena e attore. Il caso l’aiutava, ma anch’esso per realizzarsi doveva entrare nel suo teatro: per esempio con quella corriera, con quei due cantonieri fermi a parlare, con quell’insegna. Egli era sicuro e non aveva alcun timore nemmeno di quei fastidiosi discorsi scolastici del Giocondini, perché tanto il suo teatrino aveva anche il sipario per chiudere e soffocare qualsiasi spettacolo.

Giocondirti guardava sott’occhi, intrigato se non anche intimidito, quel monumento di olimpica serenità: interrogava anche meno del solito e meno a sproposito, e anche il sole sembrava uscito per farlo contento, sguinzagliato come un cane festoso lungo le sponde del fiume e della strada.

Ma Fano era triste come sempre, proprio come Giocondini se l’aspettava. E lui andò anche a scegliere i viali delle caserme abbandonate per arrivare, tra macerie e immondizie, nella parte piú vecchia e piú bassa della città.



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